2 giugno, ponte, stagista a casa, la rinascita.
Ebbene sì, mi sono concessa ben quattro giorni a casa, in campagna, lontana da uffici, telefoni che squillano, fotocopiatrici che si inceppano, agende che si riempiono e capi che urlano. 4 giorni che nella mia testa sono durati appena 24 ore e che mi hanno ricatapultato, in men che non si dica, nella quotidiana triste routine, per giunta dopo 8 ore di treno regionale super affollato. Ma, al di là di questo, 4 giorni rilassanti, belli, insomma, 4 giorni che ci volevano proprio!
Soprattutto dopo l’ultimo “incontro” avuto con il Temibile Romtas, la sera della partenza, mentre Pilush mi aspettava già in stazione con due trolley, zainetto, computer per trascorrere il tempo in treno, borsa termica con la cena per combattere la fame già nota, acqua, biscotti, borsa per le scarpe, regalo per mamma e papà e quant’altro di necessario per brevi vacanze come queste che uno poi, per sicurezza, mezza casa se la porta sempre.
Ecco, dicevo, ore 17.00, Pilush mi fa sapere di essere in stazione pronto a salire, con il suo carico di bagagli, sul treno da me individuato con cura da giorni.
Io sono in fibrillazione dalla mattina, l’ho già chiamato tre volte per verificare che non si sia dimenticato davvero niente e ho concluso tutto il lavoro della giornata, sistemato l’ufficio, ho quasi già messo anche la giacca, quando, essendo Cilàn ancora in ferie, e avendo – il Temibile – espresso la volontà di terminare e inviare entro sera una mail urgente, non mi viene in mente la malsana idea di bussare alla porta del suo ufficio per verificare se sia rientrato dai suoi appuntamenti della giornata e se voglia lavorare alla lettera in tempi brevi, ché io, massimo un’ora, e sarei sparita, puff, via, lontano, bye bye e non mi avrebbe più vista fino alla nuova settimana.
Malsana idea dicevo, perché credo che LUI abbia inteso, anche solo il bussare alla sua porta, come una prepotente presa di posizione, tanto che a questo gesto “estremo” sono seguiti una manciata di secondi di silenzio in cui mi ha fissato come se, con quella domanda, avessi osato chissà cosa, e infine un veloce congedo: “Al limite, Doduck, ti chiamerò io. Più tardi. Se avrò tempo.”
Ho richiuso la porta e me ne sono tornata in ufficio, iniziando a subodorare un sopruso.
Nel frattempo il palazzo si stava svuotando, tutto, intorno, cominciava a tacere e Pilush, da solo, in stazione, iniziava a spazientirsi.
Ore 17.40: silenzio. Tutto, dai piani alti, tace. Non dandomi ancora per vinta, decido di provare con una mail.
Oggetto: TRENO IN PARTENZA. “Gentile Romtas, avrei un treno in partenza fra venti minuti. Se lei ha ancora in mente di vedere quella mail, io sono qui.”
Ore 17.55: nulla.
Decido di salire ancora una volta. Passo davanti al suo studio, ma niente, la porta è chiusa. LUI è dentro. Non può non aver visto la mail, né non aver colto la mia urgenza da cui l’emblematico oggetto: “treno in partenza”. Me ne torno in ufficio sconsolata.
Aggiorno la casella di posta in arrivo quindici volte, ché il mio computer fa schifo e chissà, magari ha risposto, che in fondo in questi giorni stavamo diventando amici, e poi si trattava solo di sistemare una mail, niente che volendo non possa fare anche LUI da solo, e poi il mio orario di lavoro è fino alle 18, e poi io ho un treno in partenza!!
Ore 18.15: nulla. Ho perso il treno. E anche l’appoggio di Pilush.
Ore 18.20: passa la signora delle pulizie e mi chiede cosa ci faccio ancora qui. “Non lo so, signora, me lo chiedo anche io”.
Ore 18.25: Decido di aspettare ancora un po’, che quando mi chiamerà dovrà almeno essere un minimo dispiaciuto e dovrà riconoscermi il fatto di essere rimasta e aver perso il mio treno verso casa per la sua stupida mail.
Ore 18.30: nulla.
Ore 18.45: Penso di salire di nuovo a controllare: che si sia sentito male? Forse c’è bisogno di un’ambulanza? Altrimenti non si spiega tutto questo silenzio, ormai in tutto il palazzo siamo rimasti solo io e lu….
No. LUI no. Salgo e trovo la porta spalancata e lo studio vuoto. Sono rimasta solo io.
Il temibile Romtas, evidentemente irato per il fatto che io abbia in qualche modo pensato di mettergli fretta, ha deciso di punirmi non degnandomi neanche di una risposta alla mail, nè positiva, nè negativa, ma lasciandomi lì ad attendere invano, oltre a farmi perdere il treno.
Mi è salita una tale rabbia che credo…credo che mi sarei licenziata! Se solo fossi stata assunta… Ma non lo sono. E così l’unica cosa che mi è rimasta da fare è stata tornarmene giù, piena di risentimento, e scrivergli una nuova mail: “non trovandola più in ufficio, suppongo che io, ora, me ne possa andare”: poche parole, ma che mi sono sembrate una presa di posizione bella e buona, molto coraggiosa anche, e di cui andare fierissima. Un riscatto per tutte le vittime di stagismo!
Poi sono corsa a prendere il treno, mi sono beccata l’ira di Pilush che mi aveva aspettato per più di un’ora e che era anche stato cacciato dai tavolini deserti del bar della stazione, in cui aveva provato ad appoggiarsi dopo aver consumato “solo un caffè” e infine sono partita verso casa, riuscendo ad arrivare non prima dell’una e mezza di notte.
Comunque, alla fine, ho trascorso un bucolico weekend in totale relax, tra cibo, fiori e uccellini alla finestra e, ecco, ci voleva proprio!
APPENDICE
Solo oggi, tornando in ufficio, ho riaperto la posta, scoprendo che la mia mail emancipata e rivoluzionaria, la mail della rivolta, del cambiamento, la mail in cui facevo intendere, a chiare lettere, che, stavolta, nel torto c’era lui e che, stavolta, la cattiveria era stata grossa, ecco, quella mail…era ancora nelle bozze perché probabilmente, nella fretta, ho spento il computer poco prima che riuscisse a partire.
Ed è stato così che, sulla scia della forza acquisita dopo i 4 giorni di relax, io stamattina, quella mail, ho deciso di inviarla comunque, aggiornandola naturalmente, ma mantenendo un tono – ne sono convinta – molto battagliero:
“mercoledì, dopo averla aspettata fino alle 19 e non avendola più trovata in ufficio, io ho supposto di potermene andare.”
Non so se lui coglierà il mio astio.
Spero di sì.