“Pronto Duduck, come stai?”
“Ciao Terin, qui bene. Voi dell’ufficio-di-là come state? E un po’ che non vi vedo..”
“Bene grazie, senti, scusa se ti disturbo, è che dovremmo chiederti una cosa..”
“Sì certo, dimmi Terin.”
“Sai che Romtas manca da un po’ ormai, no?“
“Sì certo.”
“Beh, ecco, noi avremmo il bisogno urgente di fargli avere dei documenti da firmare.”
“Ah, ok. E volete che glieli spedisca io?”
“No, ecco. Ci serverebbe che tu, sì insomma, che tu…glieli portassi.”
“Scusa Terin, in che senso “portassi”? “Portassi, dove?”
“Beh sai che ha fatto tutti gli accertamenti e ora non è più all’ospedale, no? È a casa per la convalescenza.”
“Sì certo, e quin…?”
“Oh grazie Doduck! Perfetto! Appena puoi passa da noi che ti consegno tutto e ti do l’indirizzo preciso di casa sua!”
Ebbene sì. Oggi – dopo un mese di latitanza – ho rivisto Romtas. E per giunta sono entrata, “spontaneamente”, nella sua tana.
Terin e i ragazzi dell’ufficio-di-là mi hanno preparato un bel plico di documenti e una serie di incoraggiamenti. Poi, con una pacca sulla spalla e dei bei sorrisi, mi hanno lasciata al mio triste destino. Ho cercato sulla mappa la strada più veloce per arrivare nel covo del Temibile e anche le postazioni di bike sharing più vicine. Alla fine, armata di coraggio e santa pazienza, sotto il sole di mezzogiorno di una giornata di metà luglio, con i documenti nella borsa, in sella a una bici scassata, sono partita per la mia missione.
“Magari trovi il portiere all’ingresso, lasci tutto a lui e te ne scappi senza neanche vederlo.” avevano provato a consolarmi. Ecco. Come non detto. Sono arrivata, sudata fradicia, in una bella via. L’ho percorsa fino al civico indicato da Terin e mi sono trovata davanti un grosso portone sbarrato, nessun portiere salvifico nelle vicinanze e solo un citofono ad attendermi, con sopra, tra gli altri, un nome inciso a chiare lettere: “ROMTAS. IL TEMIBILE.”
Mannaggia.
Ho suonato e ho accostato l’orecchio alla parete per non perdermi un’eventuale risposta, ché ok che il postino suona sempre due volte, ma se dall’altra parte c’è Romtas, la prima basta e avanza per farlo incazzare.
“Sì?”
“Ehm, sono Doduck, mi hanno mandato dall’ufficio-di-là.”
“Ah. Doduck. Sì. Ciao. Allora: entra, vai a destra, percorri tutto il cortile, infilati in una porta sulla sinistra, trovi le scale, terzo piano, corridoio di destra, pianerottolo A, porta sulla sinistra.”
Il portone si è aperto e io sono entrata trattenendo il respiro e ripetendo a bassa voce – tipo mantra – le indicazioni appena ricevute, convinta che mi sarei persa prima della seconda svolta a destra. Ho ripreso a respirare solo quando – arrivando a quello che speravo fosse il pianerottolo A – ho notato una porta semi aperta.
“Permesso?”
“Vieni Doduck, entra.”
“Ehm. Salve. Come va?”
“Eh…diciamo che ho avuto periodi migliori.”
La casa era grande. Non grandissima, nè lussuosissima, come avrei potuto immaginare. Ma grande, elegante e sistemata. Romtas aveva, in effetti, tutta l’aria di uno che “ha avuto periodi migliori”. Non dico che aveva una brutta cera, ma nemmeno bella. Però aveva lo sguardo sorridente. Indossava dei pantaloncini e un paio di infradito. Mi ha fatto accomodare sul divano in salotto. La stanza era nella penombra. Di fronte a me, una parete piena di scaffali con libri, cd e fotografie. Tra questi c’era anche uno stereo acceso da cui proveniva una musica a basso volume e rilassante, una sorta di malinconico blues. In un angolo, una scrivania con un mucchio di fogli sparsi sopra. E poi un finestrone aperto da cui entrava una bella aria che riusciva a muovere, a tratti, la lunga tenda di lino grezzo.
“Vuoi del succo di mela?”
Su…succo di mela? Eddai Romtas, ma come, succo di mela… Qualcosa di più forte, no? Un the, un caffè, un whisky? O almeno succo di albicocca, sì, insomma… da quando le mele hanno il succo? Come se non bastassero i bastoncini di mela essiccati di Cilàn…ma allora il vostro è un vizio?
“Sì grazie, il succo di mela lo bevo sempre volentieri.“
“Allora, come sta andando in ufficio?”
“Non c’è male. Beh sì, a parte la sua assenza. Ehm, e anche Cilàn manca, lo sa? Si è fatta male al piede e sta facendo un sacco di controlli.”
“Ah sì, me lo ha scritto. Insomma, un lazzaretto. Tu stai ancora bene, sì?”
“Sì, sì”, ho risposto veloce facendo, dietro al divano, tutti gli scongiuri del caso, “e lei, pensa di tornare presto?”
“In realtà, ho tutta una serie di esami prenotati per le prossime settimane, credo fossi un po’ troppo stressato e ora devo stare in assoluto riposo…ehi, ma questi che mi hai portato non sono i documenti completi, ne manca una parte!“
Mannaggia. Mannaggia.
“Davvero? Mi dispiace, dall’ufficio-di-là me li hanno dati così, non ho neanche chiesto bene cosa fossero.”
“Va bene, non importa, più tardi li chiamo e chiedo direttamente a loro.”
Davvero? Niente sfuriata? Si risolve tutto con una telefonata? Oh mamma, Romtas, che ti succede? Tu stai davvero male.
Poi si è messo a sorseggiare il succo di mela. E anche io l’ho fatto. E lui ha cominciato a chiacchierare del più e del meno, del fatto che fuori ci fosse un bel sole e che tutto sommato quella di oggi fosse una bella giornata per andare in bicicletta, e io ho annuito cercando di non pensare al sudore che mi si asciugava addosso. Romtas aveva un’espressione quasi serafica. Mi sono resa conto che era la prima volta che lo vedevo senza giacca e cravatta.
“Quando finisce il tuo stage?”
“A metà settembre”, ho risposto decisa, “ormai manca poco”, ho aggiunto sorridendo tra i denti. Poi, mi è tornato in mente un pensiero che ho da un po’: “sì, in realtà, io, in questi giorni in cui lei è assente, non ho molto da fare, sono un po’ in stand-by” ho provato ad accennare. Sai mai – preso da compassione per una povera stagista trovatasi improvvisamente, in piena estate, senza tutor e senza consegne da svolgere – gli venisse in mente, che ne so, di concedermi delle ferie anticipate.
“Hai ragione Doduck, ti capisco…”
Davvero?
“Immagino sia noioso e antipatico andare ogni giorno in ufficio, d’estate, senza avere nulla da fare.”
Sì Romtas, e frustrante anche, sigh. E se potessi stare a casa ora, magari poi potrei recuperare un paio di settimane a ottobre, oppure, che ne so, potrei…
“Ho un’idea!”
“Sì?”
“Nell’ufficio-di-là hanno sempre un sacco di lavoro da fare. Ora scrivo a Terin che conosce bene gli impegni di ciascuno e le chiedo chi, secondo lei, sarebbe meglio che tu affiancassi. Io credo che potresti aiutare anche più di una persona, in più di un progetto contemporaneamente. Tanto hai molto tempo a disposizione tu! No, Doduck?”
Mannaggia. Mannaggia. Mannaggia!
E va bene Romtas, che posso farci? Ho voluto lo stage e ora me lo godo. Nella buona e nella cattiva sorte. Prima o poi però chiamerò qualcuno che venga a togliere il malocchio da questi uffici, che così non si può andare avanti!
Insomma, la conversazione è continuata ancora per un po’, con lui che cercava di spiegarmi quali fossero le cose – a suo dire “più divertenti” – di cui mi sarei potuta occupare in futuro. Sarò stata nella tana del Temibile per una ventina di minuti in tutto. Poi, finito con le raccomandazioni e riconsegnatomi i documenti firmati, ci siamo salutati velocemente con un “allora, a presto” un po’ imbarazzato.
Non so, a tutti gli effetti, quando Romtas riuscirà a tornare.
Ma se questi sono i risultati, caro Romtas, vorrei che – quando sarà – tu lasciassi a casa giacca e cravatta e ti presentassi come oggi, propositivo e sorridente, in pantaloncini, infradito e con un bel bicchiere di succo di mela.
Eh… ma il contratto è rinnovato? O Doduck è ancora una stagista che affianca altri in attesa di svolta?
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Doduck è ancora una stagista speranzosa e in attesa di svolta. Sempre che Romtas non scopra prima questo blog…in tal caso sarei spacciata!
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