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Cinquantasettesimo giorno di prigionia.

“Pronto, Doduck?”

“Pronto, Sisch? Che c’è?”

“Doduck, devi scusarmi se ti ho chiamato a quest’ora ma voglio che tu sia aggiornata.”

“Che è successo, Sisch? Devo preoccuparmi?”

“Ma no, no. È solo che sono stufa.”

“Si tratta di Satti?”

“Sì, Doduck, si tratta di Satti. Maledetta Satti.

“Perché? Che ha fatto stavolta?”

Niente ha fatto! Non ha fatto niente. Non fa più niente, è questo il problema! Te ne sarai resa conto anche tu!”

“Uhm, beh, sì, in effetti è un po’ sfuggente in questo periodo.”

“Doduck, non sta più muovendo un dito! Mentre IO lavoro giorno e notte.”

“Sì, è un po’ strano, lo ammetto.”

“Un po’ strano? È assurdo, Doduck! Io sono solo una consulente esterna, lei è la responsabile dell’ufficio!”

“Lo so bene.”

“Voglio dire, vi state sbattendo molto di più tu e Capci che siete semplici stagiste.”

“Io sono apprendista.”

“Ah beh, scusa.”

Figurati.”

“Insomma, Satti fa la furba ma non mi faccio fregare da lei!”

“Che hai in mente, Sisch?”

Ho chiamato Capo Ridens e gli ho raccontato tutto.”

“Tutto?”

Tutto. E gli ho detto che d’ora in avanti non farò nulla in più di quanto previsto dal mio contratto di collaborazione. Non mi paga abbastanza per fare anche il lavoro di Satti!”

“Mannaggia. E lui?”

“E lui si è offerto di pagarmi di più.”

“Davvero?”

“Davvero. Spera che io continui a mettere pezze dove quell’incompetente perde pezzi.”

“E tu?”

“E io gli ho detto che non se ne parla. Che è una questione di soldi, la mia, ma non solo! È anche che non voglio più avere a che fare con gente così!”

“E lui?”

“E lui ha detto che non può mica cacciarla.”

“E tu?”

“E io gli ho detto che, benissimo, lavorerò per le poche ore che mi sono state commissionate inizialmente, e niente più.”

“Ehi, un attimo! Ma se non lavorerete più né tu, né Satti, chi si occuperà di portare avanti tutta la restante immensa mole di cose da svolgere in ufficio?”

“È quello che ha chiesto anche lui.”

” E tu? E lui? Insomma, come avete risolto? Che vi siete detti?”

“Niente, Doduck, che per fortuna ci sono due stagiste che si sbattono parecchio e che potranno gestire da sole tutto il lavoro.”

Apprendista. Io.”

“Apprendista! Meglio ancora!”

 

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Cinquantatreesimo giorno di prigionia.

Lungi da me alcun tipo di egocentrismo, lo sapete bene, sono una povera ragazza io, costantemente in balia degli eventi, e assoggettata, di volta in volta, al volere di cose molto più grandi di me, tipo il Capo, il fato, o la Doduck Mamma.

Perennemente sottomessa alla diffusa sfiga stagistica di cui più volte vi ho raccontato, riesco di rado a godermi volutamente una gioia, prendermi un merito o anche solo, concedermi un festeggiamento, per dire, neanche quello per il mio compleanno. Ecco, il mio compleanno, ad esempio, passa da anni un po’ inosservato. Nessun regalo, nessuna festa, qualche sporadico augurio grazie ai meccanismi mnemonici di Facebook, insomma, una vera tristezza! E non so perché. Non sono mica una di quelle che mente sull’età o che detesta l’allegria, no, è solo che va così. Dall’alba dei secoli. Figuratevi che mio fratello è nato esattamente 364 giorni dopo di me. Questo sapete che significa? Significa che non ho potuto festeggiare in santa pace neanche il mio primissimo compleanno, ecco cosa significa!

Ad ogni modo, se considerate che sono nata il 16 agosto, l’ho presa un po’ alla larga, mi pare evidente. Non è effettivamente di questo che voglio parlarvi oggi.

Oggi è il primo maggio, giornata – lo sapete – dedicata ai lavoratori. A chi un lavoro ce l’ha, a chi lo aveva, a chi lo vorrebbe, a chi ha lottato per tenerselo, o per avere condizioni migliori, a chi ha denunciato soprusi sul lavoro, a chi lavora da solo, a chi lavora con dei colleghi, a chi parla di lavoro alla gente, a chi si trova in cassa integrazione durante una pandemia, a chi lavora da casa, da dietro un pc o tramite un telefono, con figli a carico, senza speranze.

Insomma, signori, lungi da me prendermi degli immeritati meriti, ve l’ho detto. Ma, converrete, che questa festa odierna sia proprio dedicata alla sottoscritta che le sopracitate micidiali caratteristiche le racchiude tutte insieme, in un unico corpicino esile e affaticato dalla vita!

Alla sottoscritta, stagista-apprendista perenne, nonché unica titolare di questo blog che ha dato i natali al concetto di sfiga stagistica e che, esclusivamente sulle tristi vicende a essa legata, si mantiene.

Alla sottoscritta che – per di più – attualmente lavora in una formula di smart-working-cassa-integrato, una specie ibrida di meccanismo che solo la perfida mente di Capo Ridens poteva ideare e che – in parole semplici – vuol dire che lo stipendio a breve verrà ridotto, ma che allo stesso tempo l’Azienda pretende che la produzione continui (con progetti e idee nuove che risollevino le sorti mondiali).

Alla sottoscritta, il cui apprendistato non finirà praticamente mai più, dato che – in circostanze come questa – il periodo dei tre anni previsto per gli apprendisti viene, di prassi, sospeso per poi essere riattivato a fine emergenza (sospensione che era già avvenuta durante i mesi in cui sono finita in maternità. Tipo che, sono già apprendista da cinque anni, senza essere ancora arrivata neanche a metà percorso).

Insomma, viste tutte queste caratteristiche e circostanze, io oggi voglio pensare che quella odierna, istituita in onore dei lavoratori, sì, ma anche di tutte le lotte che essi hanno portato avanti nei secoli, sia più che mai da ritenersi la mia festa.

Di una stagista-apprendista cronica che continua a lavorare e resistere imperterrita, al di là del tempo, dello spazio, delle circostanze, al di là della sfiga stagistica per sempre fedele. Nei secoli e per i secoli.

Cin cin!

 

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Quarantacinquesimo giorno di prigionia.

“Pronto, chi parla?”

“Pronto, buongiorno cara cliente, sono Doduck. Dovevamo sentirci stamattina per ultimare la progettazione della super idea che voglio vendere per triliardi di dollari alla vostra ditta. Ricordi?”

“Ah, ciao, ehm, schrashh, scusa posso richiamarti io fra, schrhhssh, cinque minuti?”

“Ehm, ok, fai pur con calm…”

“Tu tu tu tu….”

“Sì, pronto?”

“Pronto, buongiorno cara cliente, sono sempre Doduck. Non ho più ricevuto la tua chiamata e così ho provato a ricontattarti.”

“Ah, ciao Doduck! Certo, Doduck! Dovevo richiamarti io?

“Beh, sì, così avevi detto, ma non importa, tranquilla.”

“Oh, scusami Doduck, è che sono giornate un po’ indaffarate. Sono ancora in call con i colleghi, credo ne avremo per un po’. Possiamo sentirci fra un paio d’ore?”

“Sì, certo. Nessun probl…”

“Tu tu tu tu….”

“Pronto, buongiorno cara cliente, qui Doduck!”

“Ah, Doduck cara, finalmente. Scusami davvero per prima ma sono giornate intense.”

“Figurati, cara cliente, lo posso immaginare.”

Ma dovevamo sentirci oggi?

“Eh sì, rimandiamo da due settimane…”

“Hai ragione, è che ho un sacco di lavoro, in questo periodo, e in più i tre figli a casa che devono organizzarsi per le lezioni online.”

“Tosta, sì, lo credo.”

“Ma finalmente ce l’abbiamo fatta. Dunque, di che dovevamo parlare?”

“Eccoci, dunque, volevo illustrarti il progetto che ho ideato per la vostra az….”

“Scusami solo un attimo, cara, il piccolo non riesce ad accedere alla classe online di educazione fisica.”

“Classe online di educazione fisica?!”

“Sì, lasciamo stare, va. Scusami solo un attimo, torno subito, davver…tu tu tu tu…”

“Pronto? Sempre Doduck.”

“Doduck! Stavolta sono tutta tua! Giuro!”

“E il bimbo è riuscito a entrare in tempo per l’ora di ginnastica? Eh eh.”

“Sì, guarda, maestre e professori non sanno più che inventarsi su questo online. Ma dovremmo esserci. Di che stavamo parlando?”

“Dunque, ti dicevo che il progetto che ho strutturato per voi…”

“Come sarebbe a dire serve una corda per saltare? Avevano detto di procurarsi un bicchiere e una scopa,…

“Ehm..”

“Devi scusarmi un istante, Doduck. DOVE LA TROVIAMO, ORA, UNA CORDA PER SALTARE? Tu tu tu…”

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Quarantesimo giorno di prigionia.

Abbiamo passato la mattinata in giardino a sfogliare il libro dei topolini, cercando di riconoscere qualche figura, o almeno il suono di quelle parole lette lentamente e ad alta voce.

Ho raccolto qualche margherita e ne abbiamo sentito il profumo, poi ho intonato alcune canzoncine. Le parole no, son troppo difficili da ricordare, ma la melodia, chissà. Magari la melodia riuscirà a risuonare e, in futuro, la memorizzerà.

A un certo punto il sole ha iniziato a scaldare troppo, ci siamo allora spostati in casa e abbiamo iniziato a preparare una torta al cioccolato. In realtà la torta l’ho preparata io, ma per buona parte del tempo sono stata osservata più o meno attentamente. Un occhio alla torta, e uno alla tv,  diciamo. Fin quando il sonno non ha prevalso. Ultimamente è facile che si addormenti a metà mattinata.

Per il pranzo abbiamo apparecchiato all’aperto. Pilush ha preparato delle farfalle alle zucchine e parmigiano. Certo, il formato di pasta irregolare non è facilissimo da gestire: è servito un po’ di aiuto della Doduck Mamma ma ne ha finito un piatto intero. Anche bere l’acqua dal bicchiere è ancora una bella sfida ma piano piano, e tossendo un po’, ce la si può fare.

La torta, poi, la torta è stata davvero molto apprezzata. Quella per il cioccolato è proprio una sua grande passione!

Dopo pranzo il sonno ha vinto ancora e, dunque, presto a letto per il riposino.

Non è durato tanto, un’oretta non di più, prima di sentire il pianto provenire dalla stanza. Fa così quando si sveglia e vorrebbe alzarsi ma non ci riesce.

Nel pomeriggio abbiamo risposto ad alcune telefonate di auguri. Simpatico che compia gli anni esattamente due giorni dopo la Doduck Mamma

A chiamare sono stati zii e parenti più che altro. Un saluto rapido in vivavoce e nessuna risposta. Sentire ha sentito, ne sono sicura. Ma mai che prenda e si metta a dire anche solo un ciaoChé il telefono è sempre molto attraente, sì, ma solo per premere tasti a caso e vederlo illuminare. Che ci sia della gente che parla dall’altra parte, ora come ora, non può certo capirlo.

Ho recuperato, allora, delle foto, così che vedendo le facce fosse magari più facile collegare persone e voci. Bella idea, tutto sommato. Guardando quelle immagini sul pc siamo riusciti anche a tirare fuori qualche nome. Certo la pronuncia non è ottimale, ma è già qualcosa.

Ha cenato presto con una bella zuppa calda, altro piatto che ultimamente apprezza in particolar modo e ha poi concluso la giornata in fretta, combattendo ancora una volta con gli occhi che si chiudono sempre più presto, per la stanchezza.

Prima che si mettesse a nanna, Ciotti gli ha fatto una carezzina. Per augurare buonanotte a questo nonno ultimamente un po’ sofferente che – oggi che ha compiuto settant’anni – sembra ancora più simile a lei.

 

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Trentanovesimo giorno di prigionia.

Venerdì 17, le 23.55 di venerdì 17, fine di una giornata che è sembrata durarne tre e di una settimana che è sembrata durare un mese, e Ciotti non si voleva addormentare, e Pilush non si voleva rassegnare, e il Doduck Papà non si riusciva a rasserenare, e la Doduck Mamma non si poteva rilassare, e domani saranno quaranta giorni, e neanche quando nei porti di tutto il mondo c’era il Colera, le navi rimanevano al largo oltre il quarantesimo giorno, se no che quarantena era? E invece dopo domani saranno quarantuno, i giorni, e noi saremo ancora in mare aperto, sballottolati dalle onde e in preda alle correnti, senza più riuscire a vedere nulla all’orizzonte, non più un traguardo, né un limite, né una fine, cosa viene dopo la quarantena? L’ottantena? Non lo so, so solo che la gente in casa ormai impazzisce a seguire ora dopo ora bollettini in tv o a tirare uova marce a chi passa per strada, sotto ai balconi, o a commentare sui social, scrutando le vite degli altri, o le foto della propria vita passata che ormai sembra anch’essa una vita degli altri, ed è molto dura questa quarantena ottantena moderna, ché ai tempi del colera almeno non c’era internet, non c’era la tv e Fermina Daza e Florentino Ariza se la scampavano da Salvini ma anche da Burioni e,  alla mancanza di mascherine e di guanti, sopperivano con la felicità data dall’amore che sarebbe durato oltre e più forte del colera e per noi invece, oltre i quaranta giorni, rimarrà solo poca voglia di vivere, un sacco di videochiamate ancora da fare, tanto pane da impastare senza lievito di birra, e un’unica speranza, che Fedez e Ferragni riescano infine a portare in salvo il pianeta.

 

 

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