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Sessantanovesimo giorno di prigionia.

Il Doduck Zio ci ha raggiunti all’alba per ogni giorno da una settimana, ovvero da quando Pilush – sulla scia dell’entusiasmo di una quarantena in campagna che lo aveva già portato all’allestimento di un orto – non aveva annunciato di voler prendere a costruire un pollaio senza sapere neanche come tenere in mano una pala e l’uomo, mosso da pietà, si era offerto di aiutarlo.

I due hanno lavorato assiduamente per ore e ore, hanno ripulito la zona, estirpato erbacce, spostato massi, hanno costruito la recinzione, hanno ammucchiato assi, montato una porta, piantato viti, misurato, segato, piallato, martellato senza sosta.

Oggi, poi, lo zio non si è presentato.

Un po’ – probabilmente – perché il lavoro può ritenersi ormai quasi ultimato, un po’ perché si sa come vanno queste somme creazioni: al settimo giorno ci si riposa da tradizione.

Ma Pilush, che è perfezionista per natura, all’alba si è recato comunque sul posto iniziando a fare valutazioni e a ragionare su cosa ci fosse ancora, a suo parere, di urgentissimo da sistemare.

Ha così avuto la brillante idea che l’intera area potesse essere piastrellata approfittando di mattonelle residue da recenti ristrutturazioni, recuperabili in garage. Un lavoraccio che lui avrebbe compiuto volentieri: per le sue future gallinelle questo e altro! Certo, se avesse avuto ancora per un giorno il suo fedele aiutante…

Dev’essere stato mettendo insieme questi due pensieri, aiutante + lavoraccio, che gli è venuta la brillante idea di tirarmi giù dal letto per costringermi a fare la mia parte.

E niente, scrivo ora queste brevi righe con le poche forze che mi rimangono dopo ore passate a sollevare pacchi con i preziosi mattoncini multicolore, e a spostare carriole di ceramica, e ad allineare quel precario pavimento fra la terra e i sassi, e a discutere con Pilush su quanto il prodotto finale composto da scarti dalle forme e tonalità così diverse, assemblate in modo così creativo dalla sottoscritta, poco rendesse giustizia allo splendido lavoro fatto dal ragazzo fin qui.

Ingrato ragazzo.

Perle ai porci, mi verrebbe da dire. Se solo non rischiassi di fargli venir voglia, come prossimo progetto contadino, di prendere dei maiali.

 

 

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Sessantottesimo giorno di prigionia.

“Pronto, Doduck?”

“Pronto, Sisch? Dimmi?”

“Ti disturbo?”

“Ehm, no, cioè, un attimo, sto impastando la pizza, dammi solo un secondo. Eccomi, eccomi.”

“Oh, scusa, Doduck. Se ti ho chiamato così, all’improvviso…”

Di sabato sera…

“Di sabato sera, sì. È che stavolta con Satti abbiamo passato davvero il segno, e raggiunto livelli di insulti mai raggiunti durante una lite tra colleghe.”

“O mannaggia.”

“Puoi dirlo forte. Da oggi pomeriggio abbiamo deciso di non rivolgerci più la parola. Mai più.”

“Ottimo.”

“Ho allora chiamato Capo Ridens per metterlo al corrente della situazione e spiegargli che l’ufficio non andrà avanti se le due responsabili non si parlano.”

Lapalissiano.”

“E che io non vedo alternative se non la frammentazione.”

“Frammentazione?”

“Dividerlo in due.”

“Ah.”

“Io, Squadra A, Satti, Squadra B. E divisione netta di tutte le altre risorse.”

Risorse?”

“Tu e la stagista Capci, fate parte dell’ufficio insieme a noi.”

“Chiaro.”

“Ti chiamavo per questo, Doduck: Satti potrebbe continuare a fare malamente quello che fa, portando con sé Capci.”

“Povera Capci…”

“Lo so, dispiace un po’ anche a me. Ma non faccio tanto testo dato che io non mollerei con Satti neanche il mio peggior nemico! Tu e io, però, penso che tu e io, senza quella palla al piede, potremmo fare grandi cose. Sì, insomma, a te andrebbe di seguirmi?”

“Ehm, oddio, così su due piedi, di sabato sera, e con il forno acceso…

“Oh, ma non devi rispondermi subito. Pensaci pure qualche ora ma dammi una risposta entro lunedì mattina.”

“Lunedì mattina?”

“Lunedì mattina io e Satti ci parleremo per l’ultima volta, in colloquio davanti a Capo Ridens, per risolvere la questione. Sarà allora che – se avrò il tuo ok – potrò annunciare la fine di un ufficio burrascoso e la nascita di un duo pronto alla conquista del mondo!”

 

 

I Peanuts in... 60 noccioline!

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Sessantasettesimo giorno di prigionia.

“Pilush,..?”

“Uhm…”

“Pilush, stai dormendo?”

“Uhm…”

“Eddai, Pilush, da quando hai preso a seguire questi orari da campagnolo non ci incontriamo più…”

“Eh?”

“Ma sì, giochi a fare il contadino, ti alzi ogni giorno all’alba per costruire il tuo pollaio e poi la sera sei da buttare. Uffa!”

“No, no, ci sono.”

“E io che lavoro al pc tutto il giorno, e penso a Ciotti, e alle colleghe pazze, e a tutto il resto, quando posso fare due chiacchiere con te se non dopo cena?”

“Dimmi, Doduck, ho detto che ci sono. Devi raccontarmi qualcosa?”

“Stamattina, insieme alla collega Sisch, ho presentato il nuovo progetto a quel cliente diffidentissimo di cui ti accennavo. Alla fine è andata piuttosto bene, cioè, non lo so, non c’è ancora una firma ufficiale ma dalla webcam mi sembrava di intravedere una faccia soddisfatta. Insomma, dai.”

“Bene.”

“Bene, anche se Satti e Sisch sono sempre più in burrasca. Continuano a litigare e litigare e non se ne viene a capo.”

“Uhm.”

“A proposito di capo, prima ho scritto a Capo Ridens chiedendogli come la vedesse. La situazione fra queste due, intendo. E se potessimo risolverla in qualche modo. Figurati, non mi ha neanche risposto.”

“MMmm..”

“Ah! E Ciotti! Sì, Ciotti, oggi mi sembrava stanca di giocare sempre con gli stessi giocattoli allora ho pensato di inventarmi qualcosa di diverso, però non è facile quando sei chiuso in casa da mesi, e alla fine? Alla fine l’illuminazione! Sai che qui a casa della Doduck Mamma abbiamo una soffitta? No, forse non lo sai, non puoi mica sapere tutto. Beh, qui nel sottotetto della casa della Doduck Mamma abbiamo una piccola soffitta molto disordinata in cui teniamo le classiche cose che si tengono in soffitta, addobbi di Natale, vestiti di carnevale, la tenda da campeggio, la piscina gonfiabile. Beh, mi è venuto in mente che sarei potuta andare a dare un’occhiata per vedere se ci fosse qualcosa con cui potesse giocare Ciotti. E così ho fatto! Mi sono avventurata fra quelle ragnatele e ho effettivamente trovato uno scatolone di giocattoli che non vedevo da almeno una ventina d’anni. Ma che la Doduck Mamma non butti via niente è risaputo. E allora li ho portati giù, li ho spolverati uno a uno e proposti alla bimba, dagli animaletti di gomma, ai cartoncini del memory, ai cubi da impilare, alle palline colorate, e lei li ha scrutati e esaminati tutti, da cima a fondo, e alla fine ha scoperto un bambolotto a cui io stessa ero molto affezionata da piccola e niente, le si è appiccicata e se l’è portato girando per tutto il giardino, stringendolo fra le braccia e sorridendo con quel suo sorriso sdentato come se fosse la cosa più bella del mond…Pilush? Ci sei ancora?”

“Uhm? ehm? Sì, mmm…”

“Cosa ho detto?”

“Ehm, uhm, Ciotti, bambolotto.”

, il bambolotto, anche se ti dirò, non le è dispiaciuto neanche l’elefantino a carillon, sai che ha un debole per melodie e musichette. Figurati che costringe la nonna a farle sentire la stessa canzone per dieci, quindici volte di fila. E la nonna le sta appresso, capirai. Che le nonne sembrano essere state create apposta per stare appresso alle nipotine insistenti. Pensa che a volte riesce a coinvolgere anche il nonno, e le sta in qualche modo dietro pure lui, anche se un po’ così, lo capisci. E io invece, io la crederei matta e a volte perderei quasi la pazienza, se non fosse che è davvero così adorabile. Dolcissima e adorabile! Pilush? Mi senti?”

“Uhuhm…”

“Cosa ho detto?!”

“Ehm, adorabilissima..”

“Chi?”

Chi. Chi? Satti, la collega.”

“Eddai, Pilush!!”

“Chi. Uhm. Mmm..'”

“Mannaggia.”

 

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Sessantacinquesimo giorno di prigionia.

Tutto pareva funzionare bene. Nella quarantena a casa dei Doduck Genitori, intendo.

Sì, insomma, siamo arrivati qui un po’ titubanti in un giorno di inizio aprile, dopo aver lasciato rapidamente la nostra mansarda di Lavorandia, in piena pandemia.

Abbiamo presto dovuto ridefinire abitudini e priorità iniziando a condividere la quotidianità in un posto diverso, con due persone in più, e dovendoci adattare a orari, bisogni e ritmi al cardiopalma.

Abbiamo discusso e creduto, a volte, di non farcela.

Presto abbiamo però trovato un nuovo equilibrio e raggiunto una dimensione quasi idilliaca fatta di contatto con la natura, giochi all’aria aperta, caldi bagnetti, intraprendenti progetti bucolici, grandi abbuffate.

Queste ultime, in particolar modo, rappresentano per la sottoscritta il principale motivo di gioia di queste giornate, e dell’intera esistenza, se vogliamo. Lasciando infatti agli altri il piacere del lavoro all’aperto io sto approfittando, in questa quarantena, di ogni momento libero da videochiamate, incombenze e lavoro, per sfogarmi impastando, sfornando, cucinando e preparando dolci, salati, e prelibatezze.

È proprio grazie a questa mia estrema passione, e al grande aiuto di Ciotti sempre pronta a mettere le mani in pasta, e anche a Pilush, spesso creativo ai fornelli come nella vita, e alla Doduck Mamma che pure è chef mancata e che allestisce banchetti anche solo aprendo la dispensa o il congelatore sempre colmi, non c’è giorno qui che non inizi e finisca con una grande mangiata! Quale miglior modo di vivere la vita!

Tutto pareva funzionare benissimo, vi dicevo, per l’appunto.

Fin quando oggi a pranzo, mentre eravamo tutti concentrati a saccheggiare l’ennesima tavolata imbandita, Pilush  – con espressione davvero grave – non ha preso a confidarci un suo malessere dovuto al fatto di credere di non riuscire a smaltire tutto quel cibo ingerito quotidianamente.

Sostiene, lo stolto, che nessuno al mondo – a dire il vero – sarebbe in grado di consumare tutta la roba che abbiamo preso a preparare quotidianamente in questo nostro assetto quarantenistico.

Dice che si trova a mangiare talmente tanto, in questi giorni, che neppure tutte le energie spese a lavorare il suo orto o nella costruzione del suo pollaio riescono a compensare l’immane apporto di calorie quotidiano e che, in poche parole, se andrà avanti così ingrasserà fino a raggiungere un punto di non ritorno.

Io, figurarsi, ho continuato a masticare credendo fosse una delle sue tante riflessioni sulla vita che poi non portano comunque mai niente.

Lui, però, lui ha insistito così tanto col dire che la cucina che gli proponiamo è troppo gustosa, e condita, e abbondante e a pregarci di non presentargli più nessuna pietanza per aiutarlo a non cadere in tentazione, che – a un certo punto – la Doduck Mamma (che pure a chili non scherza!) ha colto la palla al balzo proponendo di cominciare, da domani, una dieta ferrea ed estesa a tutta la famiglia.

Che se poi pensiamo che lei e Pilush si sono subito trovati d’accordo ed entusiasti all’idea di perdere peso in vista dell’estate, e che nonno e nipotina sono esclusi dalla proposta perché fisicamente inadatti a un regime alimentare imposto, l’unica della famiglia a rimanere fregata in questo folle digiuno sarò io.

 

Quante calorie ci sono in un biscotto offerto da un'amica ...

 

 

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Sessantaquattresimo giorno di prigionia.

“Pronto, Doduck? Mi vedi? Non noti niente di strano?”

“Pronto, Satti, ti vedo. Ma? Ma sei in ufficio?

“Proprio così, Doduck.”

Che ci fai lì, Satti?”

“Come che ci faccio? Capo Ridens ha aperto gli uffici per poche ore qualora qualcuno di noi avesse bisogno di recuperare qualcosa di urgente e io mi sono precipitata.”

“Avevi bisogno di recuperare qualcosa?”

“No, in realtà no. Volevo farmi un giro.”

“Ecco, chiaro.”

“E poi il portinaio, all’ingresso, distribuisce mascherine. Non volevo perdere l’occasione di ritirarne una!”

“Sì, va beh. Ma se non avevi altri motivi potevi anche evitar…”

“E poi vuoi mettere provare il brivido di questo nuovo assetto da pandemia globale? Pensa che abbiamo il disinfettante per le mani su ogni scrivania, guarda, è la quinta volta che mi strofino le dita!”

“Ok, ma non così tanto!”

“E poi c’è Capo Ridens che gira per il corridoio, è bene che lui mi veda qui e capisca che il nostro ufficio sta andando avanti, nonostante tutto.”

“Il nostro ufficio sta andando avanti perché noi altre, io, Capci, e Sisch, lavoriamo un sacco da remoto, lo sai bene.”

“Sai una cosa, Doduck?”

“Cosa, Satti?”

“Ti consiglio di non mangiare caramelle balsamiche mentre indossi una mascherina. Guarda me, ne ho appena ingoiata una e mi si sono appannati gli occhiali. Eh, eh.”

“Forse mentre sei seduta a lavorare alla scrivania, da sola, puoi anche toglierla la mascherina. No?”

“Ah. Dici?”

“Beh…”

“No, non credo. Ne va della mia incolumità!””

“Mah.”

“Sto molto attenta e la sposto solo quando devo parlare con qualcuno!”

“Certo, non fa una piega.”

“Beh?”

“Beh?”

“Che dici, mi dona questa cosa sul viso? O il bianco mi sbatte un po’?”

“Satti..”

“Ehi, un attimo. Caapooo Rideenss!? Salve, Capo Ridens, che piacere rivederla! Io sto bene, grazie. Sono qui che lavoro, vede? C’è anche Doduck in linea! Certo, capisco, la lascio proseguire il suo giro. A presto.”

“Bene, Satti, se ci sei volevo aggiornarti sul progetto che sto chiudendo insieme a Sisch…”

“Scusami, Doduck, ora devo proprio andare.”

“Come sarebbe a dire? Dove devi andare?”

“Beh, ho scattato qualche selfie alla scrivania con la mascherina, ho incrociato il Capo, ora me ne torno a casa, sciocchina, mica posso perdere tutta la mattinata qui!”

 

NOTIZIARIO STAMPA DETTI E SCRITTI 2 DICEMBRE 2019 - Detti e Scritti