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Ventiduesimo giorno di prigionia.

Stamattina Capo Ridens, con una email ricca di speranza, ci ha convocato per un aperitivo virtuale – tutta l’Azienda insieme – previsto per le 17.30 di oggi.

Ci ha mandato il link a cui connetterci e ci ha detto di presentarci tutti con un bicchiere in mano, che ci saremmo fatti coraggio e avremmo condiviso pensieri, paure e speranze, brindando a distanza.

E in effetti, alle 17.30 in punto, la sala riunioni virtuale ha preso ad animarsi. Tutte le caselline della visualizzazione a griglia si sono riempite delle solite facce note ma dimenticate da un po’.

C’erano le colleghe Satti e Capci con cui ero in call fino a dieci minuti prima ma c’erano anche i colleghi dell’ufficio a fianco. C’erano le ragazze del centralino, i tizi dell’amministrazione, quelli della comunicazione interna, quelli dei progetti speciali, c’era persino il portinaio. C’erano i responsabili di ciascuna area e tutti i sottoposti. E c’era Capo Ridens, ovviamente.

C’era anche parecchio frastuono, tutti quei microfoni accesi e un po’ di imbarazzo nel ritrovarsi tutti lì. C’era chi si è messo a fare qualche battuta, chi ha commentato che quasi ci trovava meglio ora, ora che ci vedeva in video, o che non ci vedeva da un po’, non so. Qualcuno ha provato a parlare della situazione italiana, o del bollettino delle 18 della protezione civile, molti hanno parlottato d’altro senza che comunque si capisse davvero qualcosa.

Sembrava esserci ilarità nell’aria, o forse tutti quei sorrisi messi lì davanti alla webcam erano solo la nostra personalissima mascherina utilizzata oggi per uscire dalle nostre tane e mostrarci in pubblico dopo la notizia del weekend di una cassa integrazione alle porte. 

Abbiamo atteso così almeno una decina di minuti, stringevamo in mano il nostro bicchiere e continuavamo con quel vociare di circostanza aspettando il momento in cui il Capo avrebbe preso la parola, messo fine a tutto il chiacchiericcio e fatto il punto sulla situazione, o raccontato possibili scenari futuri, o chiesto – effettivamente – a ciascuno di noi come stesse, o come stesse mandando avanti la propria vita da tre settimane a questa parte.

Poi, man mano, qualcuno ha iniziato a zittirsi. Chi ha staccato il microfono, chi semplicemente non ha trovato più nulla da raccontare, chi credeva fosse davvero arrivato il momento di lasciare che fossero altri a parlare.

E il Capo allora, beh, il Capo ha finalmente preso la parola, ha detto che questa cosa della videochiamata aziendale gli piaceva, che forse avremmo dovuto scattare qualche foto ricordo o urlare qualcosa tutti in coro, una cosa qualunque, così, per vedere l’effetto che fa. Libertà, che ne dite? Urliamo libertà! Anzi no, freedom! In inglese suona tutto meglio! Urliamo e brindiamo, ok? Che fa molto Azienda Ridens. Ci siete? Uffa, molti di voi non hanno urlato, vi ho visto qui sullo schermo! Va beh, non importa. Alla salute! E alla prossima videochiamata. Propongo di farne un’altra presto, ché è stato proprio divertente.

Così ci ha congedato e si è disconnesso.

E noi ci siamo ritrovati tutti lì, dal portinaio al responsabile di area, passando per i capi progetto e le centraliniste. Un po’ frastornati ma forti in quel sorriso indossato per l’occasione.

Che poi, sapete come si dice, chissà se proteggono davvero da qualcosa queste mascherine.

 

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Ventunesimo giorno di prigionia.

“Pronto, Doduck? Sono sconvolta.”

“Pronto, Satti? Dimmi. Che succede?”

“Come che succede, non hai ricevuto anche tu la chiamata di Capo Ridens stamattina?”

“Ah, già. Sulla cassa integrazione. L’ho ricevuta.”

“Beh? Non dici niente?”

“Che ti devo dire Satti, un po’ c’era da aspettarselo.”

“Mi sto sentendo male.”

“Eddai, comunque non siamo già in cassa integrazione, giusto? Dice che sta valutando per il prossimo mese…”

“Sto per avere un mancamento.”

“E poi magari sarà per poco, l’emergenza Coronavirus rientrerà e l’azienda ripartirà…”

“Muoio.”

“Noi continuiamo a lavorare e aspettiamo di vedere che succede, direi.”

“Oh Doduck, il tuo spirito è ammirevole. Sei solo un’apprendista e cerchi di dare coraggio a me che sono da anni a capo dell’ufficio.”

“Eh sì, in effetti…”

“Ti ringrazio, Doduck.”

“Poi magari sono anche un po’ ingenua, eh. Ci sta. È solo che penso…”

“È solo che penso davvero tu non abbia capito bene la questione…

“….?”

Come farò ad arrivare a fine mese senza il mio stipendio stellare?

“Ah.”

“Cioè, voglio dire, come farò a mantenere il mio tenore di vita o anche solo a comprare tutti quei prodotti bio vegani esclusivi, percependo soltanto l’80% del mega stipendio che percepisco al momento?”

“Mi spiace, Satti, in effetti sono problemi.”

“E come potrò continuare a foraggiare il mio psichiatra per tre volte a settimana? Non posso vivere senza il mio psichiatra!

“Vorrei tanto poterti aiutare.”

“E che ne sarà della mia gatta? Oddio, non dovrò mica iniziare a comprarle dei banali croccantini?”

“Povera, chissà il trauma.”

“E il corso di Yoga online? E il nuovo guardaroba ordinato su Zalando? Come può lo Stato non tenere conto di chi a fatica sta cercando di mantenere attiva l’economia del Paese pur rimanendo bloccata in casa!”

“Pura irriconoscenza.”

“In fondo i miei di questi giorni sono investimenti per la Patria. Ora dovrò interrompere tutto?”

“Non so, Satti,…”

“Certo che dovrò. Come credono si possa sopravvivere con uno stipendio mensile sotto ai tremila euro?? Con una paga da pezzenti!”

“Oh, Satti. Scusa se mi intrometto. Da apprendista…

“Eh.”

“Ma io con meno della metà di quella paga da pezzenti di solito ci sopravvivo e ci mantengo pure una figlia.”

“Ah.”

“Fanculo la gatta.”

 

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Quindicesimo giorno di prigionia.

Ciotti vuole giocare a palla. Un attimo dopo non vuole più.

Le colleghe Satti e Sisch in videochat dicono che dobbiamo rendere il nostro lavoro più digitale, perché è questa la tendenza attuale. Un attimo dopo dicono che sarà bene renderlo molto analogico perché, appena tutto finirà, di digitale nessuno vorrà saperne più niente.

Pilush dice che dovremmo fare più scorte di cibo possibile. Un attimo dopo crede sia meglio non uscire mai più per cose superflue come fare la spesa.

Ciotti vuole che le metta le scarpette. Un attimo dopo strilla pur di rimanere scalza.

Il ciambellone in forno si è gonfiato che è una meraviglia. Un attimo dopo è lì, moscio come non mai.

Capo Ridens ci scrive email rassicuranti sul fatto che tutto andrà bene e non ci saranno tagli. Un attimo dopo aggiunge però di scordarci dei buoni pasto, in smart working non sono previsti.

Conte fa l’ennesima diretta Facebook in cui dice che la situazione è sotto controllo. Un attimo dopo comunica che ci sarà l’esercito a presidiare ogni città.

Pilush dice che approfitterà di questo tempo per rimettersi in forma. Un attimo dopo lo trovo davanti al pc, attaccato alla Nutella.

Satti dice che lo yoga e la meditazione la aiutano a mantenere una sua serenità psicofisica. Un attimo dopo non può rispondere al telefono perché è da due ore in videochiamata con il suo psichiatra.

Quattro giorni fa è iniziata la primavera. Un attimo dopo ci sono zone d’Italia in cui sta nevicando.

Ciotti è irrequieta e si aggira per casa gridando “papà!”. Un attimo dopo entra in cucina, indica il frigorifero, e si corregge: “PAPPA!!”

Pilush dice che è il momento giusto per farsi venire un’idea geniale che ci farà diventare ricchi. Un attimo dopo sta giocando da due ore all’ultimo videogioco online.

Sisch dice che è bene non superare le cinque videoconferenze a settimana. Un attimo dopo ne ha programmate quindici, da qui a tre giorni, per dimostrare al mondo che non ci stiamo fermando.

Il garofano sulla finestra sembrava voler schiudere i suoi fiori rossi. Un attimo dopo era morto.

Insomma.

Il bello della situazione che stiamo vivendo è che non crea alcun tipo di ambiguità.

 

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Ampi margini di miglioramento

Una cosa che va alla grande, tra committenti e clienti di tutte le specie, sono le call di allineamento.

Non importa quale sia il progetto, lo stato dei lavori, se ci si conosca già o meno, se ci si stia simpatici. Non c’è giornata lavorativa che passi senza che qualcuno “proponga slot” per “incastrare agende” e mandi dunque un “outlook” per “fissare una call” (con l’obiettivo di “condividere brief, in vista dell’output, come se fosse antani,…“).

E non esiste ancora al mondo un modo per tirarsi indietro in maniera indolore da questo genere di inviti. Al massimo (se proprio), è possibile “rischedulare”.

Parlo delle conference call. Non si tratta altro che di lunghe e noiose telefonate di gruppo (ad alto tasso di inglesismi) che sostituiscono, almeno in parte, lunghe e noiose riunioni fisiche (lo spiego per la mamma che legge e poi si preoccupa).

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Severa ma giusta

Ieri mattina lo stagista Puad – che ha ormai a tutti gli effetti cambiato ruolo e passa le sue giornate dall’altra parte del corridoio rispetto all’ufficietto occupato da me, Satti e Griscil – ha fatto capolino fra le nostre scrivanie annunciando a me e Satti di aver comprato un anello per la sua ragazza. Continua a leggere “Severa ma giusta”