Uscendo dall’ufficio sono andata al mercato.
mi mancavano cipolle, arance e un po’ di serenità:
– mi dispiace, l’abbiamo finita.
– avete finito la serenità?
– sì.
– di gioia ne avete?
– finita anche quella.
– ah. niente serenità e niente gioia.
– no, purtroppo.
– spensieratezza?
– certo, spensieratezza ce n’è. Quanta gliene metto?
– faccia un etto, anche due.
– non è più in offerta, però.
– ah, niente offerta.
– terminava ieri. che faccio, lascio?
– no, grazie. a quel prezzo non posso.
– a posto così, allora?
– un attimo, come farò per la cena?
– beh, signorina, non saprei.
– ha almeno un po’ di allegria che mi salvi la serata?
– impossibile, l’allegria va sempre a ruba durante le feste.
– ecco.
– non ne riconsegnano prima di carnevale.
– niente allegria.
– no.
– nè gioia, o spensieratezza.
– sono mortificato.
– zero serenità.
– gliel’ho detto.
– ok, mia dia quel cavolfiore.