“Pss… Doduck. Ehi, Doduck.”
“Uhm…”
“Doduck, ho un presentimento.”
“Pilush, ma che ore sono?”
“Quasi l’alba.”
“Quasi l’alba?”
“Cinque meno un quarto.”
“Oddio, Pilush. Perché non dormi?”
“Non posso, Doduck. Sto pensando a quando abbiamo lasciato Lavorandia, due giorni fa.”
“E?”
“Appena arrivato il lasciapassare definitivo della Protezione Civile abbiamo chiuso casa in fretta e furia, mentre Ciotti urlava come una pazza.”
“Sì. E?”
“Sento che abbiamo dimenticato qualcosa.”
“Sì, Pilush. Ci siamo dimenticati metà dei pannolini lavabili di Ciotti sullo stendino. Lo sai. Errore gravissimo, tra l’altro, che ci costerà tanto in organizzazione quotidiana, nervi e lavatrici extra. Mannaggia.”
“Uhm.”
“Colpa mia, in parte, che ho organizzato la valigia, ma anche in parte tua, ‘ché è sempre un po’ colpa tua. Ma ne abbiamo già parlato per tutto il viaggio, dai.”
“Infatti.”
“Torna a dormire.”
“Credo ci sia dell’altro. Abbiamo spento la ciabatta della sala?”
“Sì.”
“Abbiamo annaffiato le piante sul balcone?”
“Sì.”
“Abbiamo chiuso la finestra del bagno?”
“L’hai chiusa tu, no?”
“Ah, già.”
“Io ho chiuso il gas, e tu l’acqua.”
“Abbiamo spazzato per terra?”
“Non mi sembra di vitale importanza, comunque sì. L’ho fatto io.”
“Caricabatterie pc?”
“Preso.”
“Uhm.”
“Eddai, rimettiti a dormire.”
“Abbiamo chiuso a chiave il portone?”
“Doppia mandata.”
“Va beh.”
“Davvero, Pilush: abbiamo preso la bambola di Ciotti e le bolle di sapone. Io ho svuotato frigorifero, lavastoviglie e dispensa. Tu hai buttato l’immondizia. Puoi dormire sonni tranquilli…”
“No, tu hai buttato l’immondizia, Doduck.”
“No, tu hai buttato l’immondizia, Pilush.”
“No, tu dovevi buttare l’immondizia, Doduck.”
“Merda.”