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Apprendista capo del mondo

Lo so, lo so. Sono passati mesi dall’ultimo post, un tempo esorbitante e inaccettabile per chiunque, figurarsi per chi si occupa di comunicazione e compagnia bella, ché la frequenza è tutto e l’importante è essere costanti, e puntuali, e l’engagement, e la serialità, dove la lasci la serialità?

Ma tant’è. È che sono stati mesi intensi, tra i più pieni che abbia vissuto. E si sa, il tempo vola “quando ci si diverte”!


Così eccoci qua. Vacanze finite (per tutti tranne che per il buon Pilush che, zitto zitto, si concede altre due settimane di mare), settembre e un nuovo anno alle porte, ufficio ancora semi deserto e un po’ di tempo per riprendere le fila del racconto.

Sì, “riprendere”,  ma da dove?

No, aspettate un attimo.

Prima ho bisogno di un caffè.

Ok.

Eccomi qui.

Dunque, dicevamo. Sì – per chi se lo stesse chiedendo – l’ufficio è sempre quello. L’ultimo di cui vi parlavo, insomma. Quello animato da gente super allegra e stra-vegana, in cui mi hanno chiamata a lavorare dopo aver sentito delle mie doti di sopportazione dal capo del precedente stage (il Temibile Romtas, ndr) e speranzosi che potessi essere la soluzione a un problema che non avevano ancora definito.

Le mie colleghe sono sempre le schizzate Emil e Satti che alla soglia dei 40 anni sembrano aver raggiunto un punto di non ritorno.

Satti, durante l’anno, ha scoperto il Triathlon e così ha utilizzato ogni minuto buono della giornata (pause pranzo, pause caffè, conference call prive di video) per dedicarsi allo sport e fare un po’ di allenamento, vantandosi con tutti – fra una corsa, una nuotata e una pedalata – di essere la prova vivente che “triatleta e vegana si può!”.

Emil spesso e volentieri non è presente in ufficio. Dice di essere – in realtà – una “consulente esterna” per questo posto (il che la fa sentire un’importante donna in carriera, si capisce) e di non essere quindi tenuta a passare tutte le sue giornate qui, bensì in giro a cercare clienti, se proprio.

Emil e Satti si odiano.
E all’inizio non l’avrei mai detto, giuro. Ma ormai è palese. Emil crede che la collega sia una fanatica che si sopravvaluta, nella vita e sul lavoro. Satti crede all’incirca esattamente le stesse cose sul conto di Emil. In più, ritiene che Emil sia qui (quando c’è) solo in virtù del suo rapporto con il capo. Ma questa è un’altra storia.

Ah! Quasi dimenticavo! Da qualche tempo Satti ha uno stagista, Puad. Puad è robustello e riccioluto. Ha la voce fra le più acute che abbia avuto il tedio di conoscere, è amico di tutti e si sposta fra i vari uffici facendo battute tristi o raccontando aneddoti idioti riguardo la sua vita. È affiliato alla sfiga stagistica quasi più di me e fa – in generale – molto ridere. Non ha la minima idea di come si mandi avanti un ufficio e si perde fra telefonate, email e clienti, regalandoci ogni giorno le sue migliori gaffe. Puad è lo stagista per eccellenza: non pretende nulla, rallegra le giornate e obbedisce agli ordini. È un po’ un cazzone insomma, ma gli vogliamo bene così. Il suo contratto di stage, in realtà, è scaduto da 4 mesi. Ma credo che Puad rimarrà stagista a vita, ha troppo il physique du rôle.

Per il resto, io faccio sempre fronte ai miei tre capi. Capo Ridens – in primis – che marpione e lunatico come non mai, spazia da un’euforia incontenibile alle espressioni più ombrose nel giro di pochi minuti. Fa richieste incomprensibili, ama dare ordini, ha un forte debole per il gentil sesso e, come sobrio status symbol, tiene sempre una bottiglia di champagne sulla scrivania. Capo2, un po’ doppiogiochista ma dalla voce sempre pacata (dev’essere per dissimulare). E Capo Supremoche poi è a capo anche dei primi due – il migliore, senza dubbio, saggio e magnanimo. Se non fosse che è troppo spesso fuori ufficio (non per niente sta con Emil) e troppo lontano mentre tutto va a rotoli.

I tre capi, a un paio di mesi dal mio arrivo, mi avevano convocata perché esponessi loro il mio piano d’azione, incuranti del fatto che io fossi una semplice stagista (seppure con manie di conquista del mondo) e che non avessi il benché minimo piano in mente, se non quello di scappare ai Caraibi e aprire un chiringuito (ricordate?).

Beh, alla fine quella riunione è stata fatta e io qualcosa, in qualche modo, gliel’ho esposta. Uno dei punti principali del mio piano era la pretesa di avere qualcuno che mi affiancasse sul lavoro, ché non so cosa si fossero messi in testa ma per raggiungere dei risultati ci vuole un team, e delle idee, e tante teste che ci ragionino, sì insomma, ché i progetti non nascono dal nulla e che una povera stagista, da sola, rischia il tracollo!

Beh, il risultato è che da qualche mese mi hanno concesso, come supporto, l’affiancamento di un’agenzia esterna e cattivissima, la 3Piedi, specializzata nella caccia di clienti, il cui lavoro io possa supervisionare e – all’occorrenza – bacchettare (“ché li paghiamo un sacco, Duduck. Tu li controlli ed eventualmente io li caccio, ok?” “Ok, Capo Ridens, ma intendi prima o dopo che tu abbia portato a cena fuori la loro manager?)

Un’ultima cosa. Anche il mio contratto da stagista è scaduto. Ma niente paura. La fine dello stage è stata seguita da un mese di lavoro in nero e infine da un nuovo contratto precario: APPRENDISTATO.

La scadenza è prevista fra 3 anni.

Che sia il secondo passo verso le conquista del mondo?

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Autore:

Stagista a tempo pieno. Giura che non se lo meritava.

21 pensieri riguardo “Apprendista capo del mondo

  1. Cara Doduck, mi fa molto piacere leggere il tuo blog e le tue disavventure mi divertono parecchio. Alcuni anni fa mi trovavo in Italia impegolato nella stessa palude di stage e contratti capestro, poi mi sono posto la domanda : ma chi me lo fa fare ? Da più di sette anni vivo e lavoro all’estero. Ci hai mai pensato ?

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