Venerdì sera stavo rientrando a casa dopo la consueta giornata in ufficio e le consuete ore di treno regionale. Neanche a dirlo, uscita dalla stazione, non ho trovato mezza bicicletta di bike sharing disponibile (sì, “mezza”. Mi sarei accontentata anche di una con la gomma a terra o senza freni. E invece, nulla…) e così mi sono incamminata a piedi.
Procedevo nel mio stanco barcollare per le vie quasi deserte di una sera di mezza estate in città ed ero ormai non troppo distante da casa, quando ho scorto, in uno spiazzo un po’ più largo, per strada, vicino a un marciapiede, tra aiuole e macchine parcheggiate, un bel vaso rettangolare con dentro due tipi diversi di piante da appartamento.
Intorno non c’era nessuno. Non una persona che lasciasse intendere di averlo appoggiato momentaneamente e di volerselo riprendere.
L’ho squadrato per un po’ chiedendomi cosa ci facesse allora, lì, a quell’ora, tutto solo.
Il vaso – non voleva darlo troppo a vedere – ma era chiaramente spaventato e in evidente stato di shock. Le piante erano pallide, sciupate e con le radici, in parte, fuori dal terriccio.
Insomma, dopo attente valutazioni sono giunta a una conclusione: era stato, senza dubbio, abbandonato. L’ho fotografato e ho mandato l’immagine a Pilush chiedendo cosa ne pensasse. Nel frattempo ho proseguito verso casa, trascinandomi dietro il peso della mia borsa e di tutte le mie ore di lavoro settimanali.
Appena arrivata sono andata di corsa, istintivamente, a controllare le piantine che con tanto affetto sto curando sul mio balconcino di 1 metro per 1, ché quando succedono disgrazie di questo tipo, si sa, uno si stringe maggiormente intorno agli affetti più cari. Ho dato loro la consueta acqua serale e, solo una volta accertatami che stessero bene, mi sono messa a preparare un uovo al tegamino come cena rapida e indolore.
Nel frattempo, mi è arrivato sul cellulare un messaggio di Pilush. Evidentemente aveva visto la foto, perché il testo diceva solo: “Prendi il vaso! Prendi il vaso!“
“Ma Pilush, come prendi il vaso? Magari il padrone torna, no?”
“No, vedrai che lo avranno abbandonato per l’estate!”
“Abbandonato per l’estate? Pensavo si facesse solo con i cani…”
“Dai prendilo, prendilo! Così lo aggiungiamo alle piantine sul nostro terrazzo.”
“Pilush, so che manchi da questa casa da tanto ormai, ma ti ricordo che il nostro terrazzo misura 1 metro per 1 ed è già abbastanza sovraffollato.”
“Prendilo ti dico, è bellissimo!”
“Senti Pilush. Ormai sono a casa, e ho anche la cena sul fuoco. Non scenderò di nuovo!”
“E va bene. Ma era un’occasione bellissima per ampliare il nostro parco piante.”
Congedatami da Pilush, mi sono seduta in adorazione del mio uovo al tegamino. Ho fatto partire l’ultima serie tv sul pc, esattamente dalla puntata a cui ero arrivata la sera prima, e ho cominciato a mangiare. I rimorsi, però, si sa, sono forti più della fame. E così, mentre addentavo quell’uovo, lasciando il rosso per ultimo ché è la parte più buona, mi tornava alla mente il povero vaso che si preparava a passare, tutto solo, la notte per strada.
Ad un tratto anche le piantine del terrazzo sembravano guardarmi severe come per dire: “che fai, non vai?”.
Mannaggia a voi, piantine. E mannaggia a te, Pilush!
Così, ho sparecchiato in fretta e furia e presa da un senso di colpa che manco Luca Sardella quando parte per le vacanze, ho deciso che dovevo andare. E anche velocemente, prima che il vaso finisse in mani nemiche.
Per la missione però mi occorreva un abbigliamento adatto. Sia perché con i vestiti dell’ufficio sarei stata impacciata e limitata nei movimenti. Sia perché con indumenti scuri avrei dato meno nell’occhio. Ho spalancato l’armadio cercando qualcosa di morbido e nero nel cassetto “vestiti-di-casa-da-utilizzare-per-pulizie-allenamenti-furti”. Le prime cose che ho trovato sono state un paio di pantaloncini scuri, larghi – appartenuti non troppo tempo fa a mio fratello – e una canottiera che non vedevo da anni, apparentemente tutta nera ma che, solo una volta indossata, ho scoperto avere una scritta glitterata: “Don’t you wish your girlfriend was hot like me?” (che – lo scrivo per la mamma che non traduce l’inglese – significa: “non vorresti che la tua ragazza fosse calda quanto me?”.) (Non fare quella faccia, mamma. Questa canottiera risale a un periodo della mia vita in cui non avevo capacità di intendere e volere sul mio abbigliamento. Quindi, deduco, l’abbia scelta tu.).
Soprassedendo sulla scritta glitter – notando che fuori stava già facendo buio – sono corsa giù dalle scale sperando di trovare ancora lì quello che, nella mia testa, ormai era “il mio nuovo vaso“.
Per strada non c’era quasi nessuno. Avvicinatami al luogo designato però, mi sono dovuta accostare alla parete per mimetizzarmi e lasciar passare due signore che, ingioiellate, facevano tranquille la loro passeggiata digestiva e che non so, magari avrebbero anche appoggiato il mio piano, ma meglio non rischiare.
Infine, qualche passo più avanti, tra sempre più macchine parcheggiate, eccolo lì ad aspettarmi: il mio vaso.
Mi sono avvicinata, ho controllato velocemente che non ci fossero insetti-lucertole-serpenti nascosti tra le foglie e ho fatto per sollevarlo, quando mi sono accorta che pesava almeno il triplo di quello che mi ero immaginata.
Ho maledetto Pilush e tutte le piantine del terrazzo che mi avevano convinto a fare quella cosa, ma ormai lì – scesa apposta e vestita ad hoc – ho capito che non potevo più tirarmi indietro. Mi sono appellata al potere della scritta glitterata (che, in confronto, il costume di Spiderman era fuffa) e, con tutta la forza che avevo in corpo, ho sollevato il vaso.
Ho cominciato a camminare a ginocchia larghe cercando di mantenere un equilibrio. Barcollando, ho superato un gruppo di ragazzi che, allegri, all’inizio del loro venerdì sera, devono essersi chiesti se quella strana ragazza si stesse davvero aggirando per il centro città con un vaso gigante in braccio o se loro fossero già andati troppo avanti con le birre.
Finalmente ho raggiunto il portone del mio palazzo. Ero un bagno di sudore. (Questa cosa che in città, a fine luglio, si continui a sudare anche oltre il tramonto, è proprio un’ingiustizia). Mi sono avvicinata all’ascensore e ci ho trovato davanti un signore elegante che lo stava aspettando.
“Vada pure, prenderò quello dopo”, ho provato a suggerire.
“Ma si figuri, signorina. Ci stiamo!”, mi sono sentita rispondere ciò che temevo.
Io, il signore elegante, il vaso e la mia canottiera dalla scritta glitterata siamo entrati in ascensore e ci siamo fatti quei quattro piani che sono sembrati quindici. Una volta arrivati, il signore è uscito per primo e ha salutato, chiedendo se mi servisse una mano per l’ultima rampa.
Io ho stretto i denti e ho risposto che “grazie ma no, ce la faccio tranquillamente da sola”.
Mi sono fatta quegli ultimi scalini a piedi (bello abitare in mansarda, sì, sì, bellissimo), ho aperto il portone di casa buttando un occhio alle mie spalle per controllare che non mi avesse visto nessuno e che la polizia non fosse già sulle mie tracce e, alla fine, sono riuscita ad entrare e ad appoggiare quei 30 kg di vaso tra gli altri, sul terrazzo.
Ho cercato di colmare l’evidente carenza di terriccio, attingendo al sacco di letame che, con Pilush, abbiamo erroneamente comprato a dicembre per l’albero di Natale e che, appoggiato in balcone, ci ha regalato fetidi olezzi per tutte le feste finché non abbiamo deciso di sigillarlo e conservarlo “per le emergenze”…e questa era un’emergenza!
Fatto sta che dopo 40 minuti e innumerevoli morsi di zanzara, in seguito alla trasfusione di terra, a un’abbondante annaffiata e grazie anche al supporto di tutte le altre piante del terrazzo, finalmente, il vaso era pronto per passare la notte nella sua nuova casa.
Nelle giornate successive poi, approfittando del weekend, io e le altre piantine ci siamo prodigate in affetto, compagnia e acqua e così, quando stamattina, prima di avviarmi in ufficio, sono passata dal terrazzo per un ultimo controllo, il vaso mi ha riferito di stare già molto meglio, mi ha ringraziato ancora e mi ha chiesto di salutarvi tutti!
Eh… ma il vaso ti ha ripagato con un bellissimo fiore??
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Non ancora, ma ho piena fiducia in lui! 😉
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Dai!Dai! Aspettiamo sviluppi! 🙂
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E comunque secondo me tua mamma non è molto ferrata in inglese…^_^
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Sì, anche secondo me. L’alternativa è che, all’epoca, fosse una mamma molto audace… ma credo più nella prima opzione! 😀
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Bellissimo racconto! Peccato che io non abbia il pollice verde e che quindi non prenda mai fiori…ma non dirlo alle tue piantine!
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Grazie! Forse non credi di avere il pollice verde solo perché ancora non ti sei mai imbattuta in una pianta abbandonata e spaventata che chiede il tuo aiuto a gran voce…vedrai che, se accadrà, lo spirito di Luca Sardella conquisterà anche te! 😀
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Hahaha magari hai ragione! Ti farò sapere se un giorno mi capiterà! 😀
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Hahahhaha forse hai ragione, ti farò sapere se un giorno mi capiterà! 😀
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ehehhehe bellissimo!!!! brava!! quando stavi per mangiare il rosso e ti hanno presa i rimorsi ti ho capita….succede così anche a me con le piante!!!
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Eheh, donne dall’animo buono… 😉
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Bravissima, vedrai ti ripagherà, ma hai capito che piantine sono?
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Dovrebbe essere Sansevieria, se ho classificato bene…
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Foglie strette e lunghe striate, se è questa ti darà soddisfazione, soltanto non vuole tanta acqua.Ciao buon fine settimana!
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Sì, dovrebbe essere proprio lei, infatti ha resistito meglio delle altre all’ afa estiva! Grazie e buon fine settimana a te!
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Ciao! Adoro il tuo modo di scrivere e quello che scrivi, tanto che sono tornata fino ai primi post per leggerli tutti! Grazie per la compagnia in questa giornata di lavoro vuota e infinita…
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Ciao! Ma grazie a te per aver letto e commentato! 😀
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