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Un brutto colpo

Mi confermate che l’anno nuovo è iniziato da pochi giorni?

No, perché solo la prima settimana di rientro in ufficio mi è sembrata durare mesi.

È come se l’impegnativo capodanno fosse già lontano anni luce, come se avessi già lavorato per infinite e infinite ore, come se avessi perso la mia libertà da un numero indefinito di giorni. Mi sembra essere passato un tempo lunghissimo, insomma, con l’aggravante che le vacanze di Pasqua rimangono comunque ancora lontanissime.

In questi dieci primi giorni lavorativi del 2018 ho ricevuto email da clienti che non sentivo da secoli, ho avuto riunioni con gente di cui non ricordavo più il nome, ho inaugurato almeno quindici presentazioni PowerPoint su altrettanti nuovi progetti e ho già consumato tutte le lattine di tonno della dispensa.

Insomma, è stato un rientro impegnativo.

Giovedì pomeriggio poi, Capo Ridens si è presentato con un biglietto del treno per spedirmi a una riunione fuori sede prevista per l’indomani mattina, con l’aggravante – come se non fosse già da considerarsi illegale il programmare riunioni fuori sede per il venerdì – dicevo, con l’aggravante di raccomandarsi di rientrare all’Azienda Ridens entro il primo pomeriggio per finire di scrivere la presentazione di un progetto che a lui sarebbe servito per questo lunedì.

Così giovedì sera ho impostato la sveglia per l’alba del giorno dopo, sconsolata e convinta del fatto di essere in assoluto la stagista più sfruttata e sfigata della storia del mondo degli stagisti, pregustandomi già la levataccia e la corsa disperata verso la stazione, la mattinata a inventarsi qualcosa da dire di intelligente, il rientro a un orario improbabile e il resto del pomeriggio chiusa in azienda, con Capo Ridens, a lavorare alla più noiosa delle presentazioni noiose.

Insomma, mi pregustavo una giornata terribile, a conclusione di una settimana terribile.

C’era – a dire il vero – un solo, minuscolo, pensiero a consolarmi: per Natale ho regalato a Pilush un weekend fuori porta. Due giorni di relax in montagna, tra ciaspolate, cibo e centro benessere. Una bella gita che potesse piacere a lui e salvare me dal terribile mood post rientro (questa del regalo di natale posticipato a gennaio è una tecnica efficace che ho sperimentato già l’anno scorso).

Un fine settimana che sarebbe durato poco rispetto al numero infinito di ore lavorative che mi attendono, ma che rappresentava, tutto sommato, qualcosa di bello a cui pensare.

Un sabato e una domenica salvifici, insomma, che stavano a tutti gli effetti arrivando.

Due giorni che solo a immaginarli mi veniva l’acquolina in bocca.

Che mi ero portata apposta la macchina fino a Lavorandia per non dover raggiungere la destinazione in treno.

Che avevo da tempo preparato costume e accappatoio.

Che sentivo già nell’aria il profumo di neve, e di polenta.

Un unico pensiero felice nella mia triste vita. Una faro nella notte. Un’oasi nel deserto. Una luce in fondo al tunnel. Una pizza d’asporto di fronte a un frigo vuoto. Insomma, un sogno.

Ma poi, all’alba di venerdì, prima ancora che la mia cattivissima sveglia notturna suonasse, ho sentito la voce di Pilush, dal soggiorno:

“Doduck. Aiuto. Svegliati, Doduck. Ahia. Sono qui sul divano. Doduck. Ahia. Colpo della strega. Aiuto. Non riesco più a muovermi.”

 

 

Autore:

Stagista a tempo pieno. Giura che non se lo meritava.

43 pensieri riguardo “Un brutto colpo

  1. Se la cosa ti consola, io non ho fatto nemmeno un giorno di ferie e l’unica cosa positiva è che non posso essere triste del fatto che siano finite le feste 😑 un saluto da una stagista a tempo pieno torinese 😉

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