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Trentanovesimo giorno di prigionia.

Venerdì 17, le 23.55 di venerdì 17, fine di una giornata che è sembrata durarne tre e di una settimana che è sembrata durare un mese, e Ciotti non si voleva addormentare, e Pilush non si voleva rassegnare, e il Doduck Papà non si riusciva a rasserenare, e la Doduck Mamma non si poteva rilassare, e domani saranno quaranta giorni, e neanche quando nei porti di tutto il mondo c’era il Colera, le navi rimanevano al largo oltre il quarantesimo giorno, se no che quarantena era? E invece dopo domani saranno quarantuno, i giorni, e noi saremo ancora in mare aperto, sballottolati dalle onde e in preda alle correnti, senza più riuscire a vedere nulla all’orizzonte, non più un traguardo, né un limite, né una fine, cosa viene dopo la quarantena? L’ottantena? Non lo so, so solo che la gente in casa ormai impazzisce a seguire ora dopo ora bollettini in tv o a tirare uova marce a chi passa per strada, sotto ai balconi, o a commentare sui social, scrutando le vite degli altri, o le foto della propria vita passata che ormai sembra anch’essa una vita degli altri, ed è molto dura questa quarantena ottantena moderna, ché ai tempi del colera almeno non c’era internet, non c’era la tv e Fermina Daza e Florentino Ariza se la scampavano da Salvini ma anche da Burioni e,  alla mancanza di mascherine e di guanti, sopperivano con la felicità data dall’amore che sarebbe durato oltre e più forte del colera e per noi invece, oltre i quaranta giorni, rimarrà solo poca voglia di vivere, un sacco di videochiamate ancora da fare, tanto pane da impastare senza lievito di birra, e un’unica speranza, che Fedez e Ferragni riescano infine a portare in salvo il pianeta.

 

 

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