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Difficile a immaginarsi

Io adoro la pioggia. Giuro. Adoro i temporali forti, quelli con tuoni, fulmini, vento, magari un po’ di grandine…

Adoro la pioggia, l’autunno e l’inverno. Adoro quei pomeriggi/serate in cui si è costretti a rimanere a casa, magari sul divano, magari con un film, o con un libro, sicuramente con il plaid e una tazza calda perché fuori sta diluviando. Una gioia, proprio.

L’estate, per dire, la trovo molto fastidiosa. L’afa, le zanzare, le notti insonni, la sabbia appiccicata sulla pelle, il sudore, il condizionatore rotto, i 40 gradi all’ombra, la macchina sotto al sole, le piante che si seccano, la frutta che marcisce, il turismo spinto e le mille foto di vacanze, l’ostentazione di gioia e divertimento. Insopportabile proprio.

A pensarci bene, giusto una cosa salverei dell’estate: i temporali estivi.

Quando piove e si vive in una mansarda poi, io non credo esista qualcosa di più bello al mondo. Il rumore della pioggia sul tetto diventa fortissimo, il vento a volte pare voglia scoperchiare tutto, aprirci dall’alto come una casa di bambole. Beh, mi troverebbe lì sotto, avvolta nella coperta e sorridente. Che poi non succede mai, che il tetto se ne voli via, dico. Le travi rimangono sempre salde al loro posto, le pareti fanno da scudo e più diventa freddo all’esterno, più si sta al calduccio all’interno. Per quello, dico, se dovesse accadere, il vento mi troverebbe sorridente. Perché non accade mai. Il temporale fa rumore fuori e rilassa dentro.

Adoro il temporale anche di notte, o di mattina presto. Quando sembra che quell’inferno metereologico nulla possa contro il tepore del sonno e delle coperte. E anzi concilia – la pioggia – come manco mille pecore contate in fila sarebbero in grado fare.

Adoro la pioggia e tutto quello che porta con sé, come l’adombrarsi del cielo che la precede e l’aria dal profumo umido che la segue.

Adoro la pioggia. Giuro. La adoro proprio.

Però ecco, stamattina, alle 5.45, ero tanto tanto addormentata. In un sonno tranquillo, accoccolata in quel tepore di cui sopra. E fuori, per l’appunto, il diluvio universale. E quel diluvio, dalla mansarda, sembrava tipo una tempesta primordiale distruttiva che però io, beata, nel mio sonno beato, potevo solo leggermente intuire. Sì, insomma, era una cosa potente. Io però me ne stavo serenamente avvolta nel lenzuolo (che queste, tra l’altro, sono le prime notti dopo mesi, in cui uno smette di odiare il lenzuolo). E anzi, me lo tenevo ben stretto, il lenzuolo. E voi direte che quindi era la situazione ideale. L’idillio pioggia-alba-letto-mansarda di cui vi ho appena accennato. E in effetti lo era, giuro, lo era.

Però ecco, dicevo, stamattina, alle 5.45 in punto, è suonata la sveglia.

In un attimo l’idillio si è frantumato in mille pezzi, facendo un rumore assordante, un frastuono potente che mi ha svegliato dal mio torpore, in uno dei peggiori modi possibili: sbattendomi in faccia la cruda realtà. Di lì a poco io sarei stata costretta ad uscire per strada, in quell’inferno umido, per correre a prendere il treno per Lavorandia. Mannaggia.

Che poi la realtà, a volte, riesce a superare qualsiasi immaginazione. Ché se io avessi immaginato, alle 5.45, come sarebbe stata la mezz’ora a venire, magari un pensierino, sul darmi malata, o sul prendere il treno successivo, dico, magari, lo avrei fatto.

Ma uno non se lo può immaginare, “a priori”, che in una giornata come questa farà tardi durante la colazione perché intenta a consultare gli orari degli autobus più rapidi per la stazione. E che capirà prima ancora di scendere di casa, che qualsiasi autobus deciderà di prendere, non riuscirà mai ad arrivare in stazione in tempo. E che penserà poi che forse uno, uno solo, potrebbe farcela. E che dunque, avvolgendosi la sciarpa intorno alla testa e aprendo l’ombrello rotto, correrà alla fermata, mal evitando le pozzanghere ma convinta ancora di avere una chance.

E uno non se lo può immaginare, sempre “a priori” intendo, che poi quell’autobus in cui aveva riposto le ultime speranze deciderà, proprio quella mattina, di non passare. E che nella stazione di bike-sharing più vicina ci saranno solo tre biciclette: una bloccata alla colonnina, una senza catena, una con una gomma a terra. E che alla fine propenderà per l’ultima, la meno peggio, e inizierà una pedalata matta e disperatissima, schivando il traffico di una giornata ancora buia e scoprendo solo al primo incrocio che i freni di quella bici saranno messi anche peggio della gomma.

E uno, anche se volesse, non riuscirebbe proprio a immaginarsi, “a priori” dico, che poi, in realtà, quell’autobus che aveva aspettato invano poco prima della sfortunata scelta di prendere una bici, deciderà di passarle proprio accanto pochi minuti dopo, inzuppandola completamente. Da cima a piedi. Fino alle mutande, oserei dire.

Ma uno proprio non può immaginarselo, “prima”. Uno, in realtà, farà fatica a realizzarlo bene anche “durante”, perché mancheranno 40 secondi alla partenza del treno e quindi, l’unica cosa a cui penserà sarà di pedalare il più veloce possibile, incurante dell’acqua, dei vestiti zuppi, della gomma a terra e dei freni rotti.

E uno non può immaginarselo, “prima”, che l’unico modo per frenare una volta arrivata, sarà sterzare di colpo con relativa scivolata della gomma posteriore e rovinosa caduta a terra, così come non può arrivare a immaginare, “prima”, che si troverà a correre dentro la stazione, con le scarpe che fanno clap clap, per scoprire alla fine che il treno per Lavorandia sarà in ritardo di ventotto minuti. Ché con la pioggia, chi è a piedi un metodo per spostarsi e arrivare in tempo comunque lo trova, ma i treni, quelli proprio no, non ci riescono.

Ma no, uno non può immaginarselo tutto questo, “a priori”. Che se no, col cavolo che uscirebbe di casa certe mattine e anzi, magari, rivaluterebbe anche un po’ la propria posizione sulla questione “pioggia” e compagnia bella.

E comunque tranquilli, mentre aspettavo il treno per Lavorandia ho fatto un breve calcolo: giusto 9 mesi e poi sarà di nuovo estate.

 

 

pioggia

Autore:

Stagista a tempo pieno. Giura che non se lo meritava.

12 pensieri riguardo “Difficile a immaginarsi

  1. Ehhhh io la pioggia proprio non la tollero perché sono veramente poche le occasioni in cui te la puoi godere come dicevi tu….Mi dispiace per la tua mattinata uggiosa!! Spero la giornata sia migliorata….ma meno male che mancano 9 mesi all’estate!

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  2. Pero’, pero’, pero’, una che ama cosi’ tanto la pioggia, dovrebbe affrontarla col sorriso.
    Ma forse il sorriso ce l’avevi, se non nel momento in cui il bus ti ha sommerso o quando sei arrivata trionfalmente a baciare il selciato sul piazzare della stazione, ma almeno quando hai scritto il pezzo, che in effetti di ironia ne ha tanta e mi piace.
    ml

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    1. Sì sì, il sorriso ce l’avevo…anche in un altro paio di occasioni, tipo mentre cercavo invano di appendere la giacca al portapacchi del treno sperando che potesse in qualche modo asciugarsi prima di arrivare in ufficio e quando hanno acceso l’aria condizionata al massimo costringendomi a fuggire dalla carrozza se, zuppa com’ero, non avessi voluto prendermi una broncopolmonite! Ps. Grazie per aver letto! 😉

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  3. Essendo piu vecchia, io so “a priori”cosa può succedere in un giorno di pioggia….
    E la amo solo se sono in casa ben riparata, il che e’ molto vigliacco da parte mia .
    Un’estate , in roulotte con i figli , ricordo la cascata di maccheroni crudi che, invece delle solite gocce d’acqua, sembrava piovere sul tetto…; e’ durata una notte sola ,ma mi e’ rimasta in mente!
    Ciao, Doduck carissima, “forza e coraggio” * !

    *devono essere le parole che componevano il motto della “Canottieri Olona”, ai tempi di mio nonno…

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